Il primo principio dell'Horsewalking

Patrizia, al suo primo giro di Horsewalking, dimostra di aver ben compreso ed acquisito il principio base del ‘Condurre dietro’. Mora, la cavalla, potrebbe stare un po’ più distante, ma il linguaggio del corpo di Patrizia è chiaro: il binomio è sulla strada giusta!

La gestione a terra del cavallo è una disciplina che - per essere avvicinata, richiede poche ed importanti competenze. Può raggiungere livelli di complessità e virtuosismo molto elevati, sia in campo che in campagna, come tutte le discipline equestri. Anzi: come tutte le situazioni che coinvolgono una relazione tra due creature viventi! Il giusto mix di esperienza, empatia, apprendimento, errori, cautela, coraggio, portano un progresso continuo nella relazione e nei suoi risultati.

Ma rimaniamo sul punto che ci interessa: cominciare questo percorso è semplice e subito molto utile, tanto al conduttore che al cavallo. Esistono pochi principi da tenere in considerazione e osservare, quando si comincia.

Il primo è molto molto pratico, e molto molto determinante per la serenità e sicurezza della relazione, specie all’inizio: il cavallo deve (imparare a) stare dietro. Deve imparare a stare ovunque noi decidiamo che stia, in verità. Ma per la vostra sicurezza, e la sua, la cosa più importante, all’inizio, è che stia dietro. Esistono sistemi di conduzione diversi? Sì. Sono altrettanto sicuri ed affidabili? No.

Ho scelto un estratto dal libro “Trekking a cavallo, vol. 1“ per descrivere l’utilità di questo principio.

La conduzione

Gestire il proprio cavallo a terra è curiosamente anche la base del trekking a cavallo. […] La prassi dei maneggi “all’inglese“ consiste nel condurre il cavallo spalla a spalla, tenendo le redini e la longhina nella mano destra a 20 cm dalla testa, e il resto nell’altra mano. Ciò che si osserva fin troppo spesso nella realtà è un cavallo maleducato che se ne va per i fatti suoi, con l’inesperto cavaliere che tenta in ogni modo di trattenerlo. Una circostanza pericolosa in maneggio, e fatale per il trekker.

Il nostro compito è educare per tempo ad una conduzione diversa, quella che si osserva per esempio negli Alpini, che conducevano i muli, insegnando al solipede il rispetto e la fiducia assoluti nei nostri riguardi.

Il nostro cavallo deve seguirci a distanza di longhina senza tentare di superare, senza affiancarsi o ancora peggio senza pestarci i piedi, soprattutto nelle circostanze nelle quali è più veloce di noi: durante le salite, che cerca di fare a saltoni, e le discese, dove può scivolare.

Come si educa il cavallo alla corretta conduzione? Senza evocare le ire delle persone particolarmente sensibili e propense a raffinate interazioni etologiche, suggerisco di adottare il chiaro sistema di comunicazione che adottano i cavalli tra di loro: la codata di avvertimento, che avremo cura di somministrare con la longhina sul muso. Non dobbiamo frustarlo, o fargli male, dobbiamo solo avvertirlo. Normalmente l’equide, dopo aver provato a superarci a destra, ed essere stato redarguito, proverà da sinistra e, una volta ottenuto il medesimo avvertimento, ben presto si rassegnerà a stare al suo posto. A noi quindi basterà fargli vedere la longhina, se ci riprova, affinchè si rinfreschi la memoria. Con due longhinate mi garantisco anni di quiete ed equide obbediente.

Chi contesta questo metodo ritenendolo poco etologico, è perfettamente libero di adottarne uno più confacente alla sua sensibilità, purchè alla fine il cavallo stia al suo posto.

In realtà vi è una continua interazione durante la conduzione a mano, perchè il cavaliere sente il cavallo, e viceversa. Dobbiamo ricordarci che il cavallo deve essere in grado di vedere dove mette i piedi e deve essere costantemente in equilibrio: rappresenta un grave errore pretendere di condurlo tenendo la longhina molto corta, e la testa alta.

Approfittiamo anche per affrontare tutto ciò che spaventa il cavallo, a piedi, con calma, senza forzare. Si va a vedere tutta sta roba spaventosa, la si annusa, ci si mette magari uno zoccolo sopra, si mastica un po’ per fissare le idee, e poi si procede.

Abituiamo anche il cavallo a stare fermo, quando stiamo fermi noi”.

[Da Trekking a Cavallo, di Thomas Abbondi e Grazia Colomba Vittadini, ed Auriga]

Ecco perchè la prima cosa che gli Horsewalker alle prime armi imparano, sotto il capannone, e durante il primo giro è: come fermarsi, come rallentare, come fare in modo che il cavallo tenga il nostro passo, a debita distanza, dietro.

Irene Cassarino